lunedì, gennaio 07, 2008

Un post di non-capodanno

Me ne sto sul divano, con la testa che scoppia per l’influenza, gli occhi stropicciati per la troppa televisione e la chitarra con il Mi grave portato in Re. Oltre la finestra una fila di alberi ancora malamente innevati cede il passo ad un cielo denso di nuvole, ancora più il su il grigio nebuloso sembra trasformarsi in azzurro. Penso che molto di tutto questo possa dipendere più dalla mia crescente miopia piuttosto che appartenere realmente al paesaggio. Le vacanze, se così di può dire, di natale sono finite. Nella lista delle chiamate effettuate del mio cellulare c’è il numero di una mia ex-ex, non una a caso, e nello scaffale in parte al letto ci sono cinque copie del nostro secondo CD, confezionate solo qualche giorno fa. Non suono. Arpeggio qui e la, abbozzando qualche riff o riprendendone qualcuno dei tempi che furono. Beneamata tonalità di Mi minore, quanti altri milioni di canzoni partorirai ?! Lei mi piace e con lei sto bene, mi viene spontaneo, ma non sono sicuro che finirà altrettanto bene – o che finirà in modo alcuno. Non sono sicuro di niente. Nell’inquietudine fredda di queste giornate capisco cosa mi porta ad avere così tanta fottuta nostalgia di quegli anni. Il fatto è, molto semplicemente, che allora la mia vita era ordinata. C’era un senso compiuto da vivere e portare avanti e c’era soprattutto un microcosmo di persone che sembravano si riunissero attorno ad esso. La malinconia si fa ora quasi pesante, mi sembra di sentire nuovamente il fascino discretamente crepuscolare di certe armonie, di una certa iconografia metal-dark, di certi pensieri splendidamente depressivi. Nel sentire tutto questo sento però anche lo scollamento con questo bizzarro presente fatto di tekno inglese, abiti eleganti, amici latitanti. Caos e libertà. Nella cronologia di IE c’è un link al live degli Anatema a Kiev. E’ così, quelli sono stati gli anni più “compiuti” della mia barcollante esistenza. Nonostante anche allora si covassero grandi e pericolosi compromessi dietro quell’immagine da totalitarismo doom. Il modo in cui quella congettura si sgretolò inesorabilmente, cancellando via tutto, pezzo dopo pezzo, ne fu la dimostrazione. Rivolere quel mondo adesso è impossibile, troppi sono i terremoti intercorsi. Forse mi balocco col pensiero di recuperarne una parte. Più probabilmente è l’anarchia sentimentale in cui vivo da due anni che genera brutti scherzi. Certamente in sere come questa mi convinco di non aver capito niente della vita.

domenica, novembre 25, 2007

Accadde una mattina

La prima cosa che mi viene da dire, è che il tutto è passato sopra la mia testa con molta-troppa disinvoltura…oserei dire lasciandosi dietro ben poche emozioni. La seconda, è che è ci sono rimasto male nel constatare il poco affetto di più d’uno di coloro ai quali io non ho mai negato, invece, la mia cerimoniosa baldanza. La terza e ultima, è che se ragiono con la testa, invece che col “cuore”, mi rendo conto di essere contento e soddisfatto di me.
Il peso di cinque minuti di “tensione” e l’intorno di elucubrazioni che ne deriva, si assottiglia terribilmente quando il tuo tempo libero diminuisce o quasi scompare. Senza se e senza ma, mi ritrovo in una questa appena nata routine che per la verità mi piace anche. Ma è forse l’oscura causa del mio malessere nel dormire. It doesn’t matter anyway. Sto divagando.
Nella vita, giochi sempre a guardare più avanti. Azzardando previsioni, temendo presagi, scommettendo su continue rinascite. I cinque anni delle superiori, la laurea…Quanto cazzo di tempo è passato. La verità è che non avevo autentiche aspettative su questo giorno, a parte quelle dei festeggiamenti, per larga parte deluse. Ma dietro questa apparente quiete dei sensi (perché di sentimenti come sempre non si tratta), si nasconde come un pizzico di sano orgoglio. Nel Logos. Nella convinzione che, in un conveniente contesto di svolgimento, sia in grado di far funzionare al meglio il Pensiero e ottenere risultati. Un dono certamente.
Se poi tutto questo mi porterà un giorno da qualche parte (una parte sicura, bella, vera) – questo davvero non lo so. Forse lo sta già facendo.
Per il momento mi lascio sbatacchiare da questo inverno che puzza di gran noia e di carte rimescolate per l’ennesima volta. Insicurezza. Solitudine. Fottuti e temibili disturbi quando dormo. Magari mi sbaglio. Formazione generale. Centosei, mi pare. Vediamo che ne salta fuori.

domenica, settembre 30, 2007

Giro di boa

Ore sette e cinquantacinque pullman, poi ancora pullman, poi salita, scale, porta, aula…Ci siamo. L’estate duemilasette si ferma qui; la mia amata sfumatura blu oltre la finestra si è levata precocemente e mi fa compagnia, assieme ai Depeche Mode. Tutto sarò adesso tremendamente diverso. Nulla delle mie amate-odiate abitudini rimarrà uguale. Comincia un percorso che, nel veloce-lento apparire del tempo, deve portarmi lontano, molto lontano. Un vero giro di boa. Perché la vita è sempre un cambiamento, sempre un “non è per sempre”…anche per quelli che non lo vorrebbero e si beano (e soffrono) di una bugia di stabilità. Non porto rancore per loro, ma solo acqua per il mulino della mia indipendenza. Incompleta. Bastarda. Ottobre. Ventitre anni. Diari bizzarri nel cassetto, un’estate di vagabondaggio sufficiente, belle foto che mi riscalderanno la memoria nei pomeriggi invernali, quando alle cinque è già buio. Con te ho sbagliato tutto, ancora una volta, uccidi il lirico cazzo, uccidilo…svegliati J. Peccato che quasi nessuno di voi condivida il mio cerimonioso bisogno di sublimare il tempo. Va bene che può far anche sorridere...but...Non vi porto rancore, ma voi lo capite ? Perché quello che voglio è questo, imprime alla vita un sigillo arroventato nel fuoco scintillante, un morso che arriva sino all’osso…voglio coltivare sino all’impossibile il mio “occhio vitreo, leggermente iniettato di sangue”. Che ne sarà del mio tempo, ora che lo impiegherò sino all’ultima goccia ? She didn’t. E davvero, presto o tardi, volerò giù col parapendio, osservando finalmente questa città cosi strana da una posizione di totale autorità ? Brucia, maledetta Bergamo, brucia…Non sono l’unico a chiedertelo. Ma forse potrei essere l’unico a pensare lo stesso per qualsiasi altro luogo. Ottobre. Festa Halloween al Bloom o almeno si spera, capodanno chi lo sa – la vedo male -, natale sempre più nostalgico, pasqua di grandi, grandissime speranze. Un passo indietro: Novembre. Mi laureo. Virgin Radio. Style rock. Anni ventitré, storie d’amore in qualche modo importanti una, storie d’amore veramente importanti nessuna, amicizie e relazioni sociali a seconda dei monsoni, self-esteem un poco, quel che basta insomma…Viel bleibt noch zu machen, però mi riconosco il merito del tentativo. Well, it’s always about time.

giovedì, agosto 30, 2007

Do you feel the same ?

..Sulla strada verso casa sentivo dentro di me di non voler tornare, quando di solito i motivi per chiudere la serata non mancano mai. E dicevo cazzate, perché l’unica cosa che volevo dire, non potevo dirla. Sono arrivato a casa e tutto è stato come sempre: mi sono spogliato, sciacquato e ho riempito la bottiglie d’acqua per la notte. Ma una volta al buio, nella stanza, non era davvero il caso di dormire. Seduto sul letto ho riguardato le foto, bruttine – forse meglio così. Ma una bella c’è…e il ricordo che avrò di lei manterrà sempre delle sembianze verosimili. Dove la trovo, un’altra che guarda il neo-realismo, che ascolta i Joy Division e che è bella da far male…davvero non lo so. Dunque, i calcoli son presto fatti: è una vita che non mi sentivo così. Agitato, triste, pensieroso, vivo in negativo, felice per riflesso, sognatore a vuoto, stupito, stupido ma pieno di qualcosa…di emozioni che per una volta assomigliano ad un sentimento. E’ tutto molto, decisamente, very silly. Cosa posso farci. Non siamo mica padroni del nostro destino. E poi il mio, si diverte a pigliarmi per il culo, e forse io, lo aiuto nella sua opera bastarda. Sulla strada verso casa già sentivo che lei mi mancherà. E passerò qualche tempo a chiedermi se sia sano cercare di risentirla, sfruttando quelle amabili-odiali comodità tecnologiche che fingono di colmare la distanza che ci separa. Nei film, tutto questo non esiste, in breve tempo sai già se un futuro esiste o meno. Mi consola sapere di essere ancora nel limbo dell’insicurezza, nei confronti di quanto è successo. Sarà più facile dimenticare. Hey, ma se dimenticare è terapeutico, ricordare è un gesto di rispetto verso la Bellezza...e io voglio ricordare. Il suo sorriso, il suo taglio di capelli, il suo sguardo, la sua pelle (molto probabilmente splendida), la mela che stava mordicchiando scendendo dalle scale, il suo taccuino, la piccola ma più-che-sufficiente porzione di seno non nascosta dalla sua camicia bianca, le cose che mi ha raccontato…e perché no, i viaggi mentali (forse a senso unico) che si sono liberati dai nostri discorsi. Sai, è davvero un peccato che non ti piaccia proprio quella canzone, perché tu sei davvero fucking special…E il soffio di brivido che mi procuri è un dono rarissimo al quale mi sento ormai disabituato. L’estate volge al termine, a Bergamo diluvia e io vorrei illudermi di ritrovarti un giorno accanto a me in qualche passeggiata, oltre che nelle note di qualche canzone.

lunedì, agosto 06, 2007

We are the children

E’ questione di poche ore. La perplessità di una periferia fantasma si popola di risate dipinti su splendidi volti giovani, il vino viene stappato, le macchine fotografiche vengono estratte dalle tasche quasi all’unisono – niente dev’essere perduto ! – i joint passano di mano in mano ed il sudore di un viaggio di magari quarantotto ore scompare improvvisamente…Lo ritroviamo tutto d’un botto nel letto della piccola camerata, sfondata dalla luce accecante e precoce dell’alba baltica, nei passi lenti e assonnati che ci conducono per le vie di questo angolo di mondo. Non ha grande importanza quale sia, ciò che conta è che siamo qui, assieme. Orfani della nostra consuetudine da nemmeno ventiquattro ore, ci si piglia in giro a vicenda come solo gli amici osano fare. Quale collante ci unisce ? Il viaggio, la giovinezza, la sete di esperienza.. ? Mangiamo le peggio sottomarche del supermercato, quelle che le nostre mamme ci hanno sempre insegnato ad evitare, camminiamo scalzi sul cemento, passandoci bottiglioni di rosso da un litro e mezzo…parliamo di viaggi, di fughe, di posti stupendi...Vino e sogni. Di mano in mano, saliva in saliva. Siamo, in un certo senso, dei privilegiati…Si, dei fuggiaschi privilegiati con una grossa responsabilità verso il mondo che sarà…perché ci appartiene, nonostante Bush, Berlusconi, il cambiamento climatico e tutte le nefandezze che ammaiano le nostre bandiere.
L’orizzonte, il mare che aspettavamo, sono ancora molto lontani. Le camp leader sono due alternative imbarazzanti e la città ha i nervi testi, dilaniata dai problemi del mondo che vorremo dimenticare. Uomo contro uomo, per sempre. Offriamo il nostro contributo ad un sit-in anti-razzista con un gigantesco dipinto: la silouhette dei nostri piedi pacificamente in marcia verso Rostock. L’ossimorica disorganizzazione tedesca e le teste rasate nel pieno centro ci rinchiudono un po’ nel campo base. Questo produce una noia imprevista…ma ci costringe d’altro canto a trovar noi stessi uno modo per passare il tempo. Abbiamo così il tempo di capirci meglio e anche le più timide trovano il modo di rompere il ghiaccio. “Socializzare” (è una brutta parola, spesso nelle mani di psicologi e altri produttori seghe mentali)…ma non è forse la cosa più bella che c’è ? La bellezza riservata e tenera delle ragazze coreane mi colpisce. Sono così diverse dalle ragazze italiane ed europee in generale. “You’re so fucking special” mi ricordo di questa canzone dei Radiohead, non appena imbraccio la chitarra. Loro dormono, sui divani riposti nella tendopoli da noi stessi costruita, al riparo dal sole che picchia anche quassù…mi piace continuare a suonicchiare le mie povere canzoni che tanto avrebbero bisogno di essere ascoltate. “No, don’t stop, Julio”. L’essere umano è un tale misterioso universo, non smetterò mai di stupirmene…nonostante lo stupore si tramuti spesso in tristezza. L’ultimo weekend si avvicina e noi stiamo troppo bene assieme per rimanercene qui ad assecondare le due sclerotiche camp leader. “If somebody decides to leave, everybody would just follow…” disse pacatamente il messicano, e fu proprio così. Mi ritrovo alle cinque di mattina disteso per terra, a fissare i binari e il treno in arrivo in lontananza. Berlino è a meno di trecento chilometri da Rostock, ma è troppo distante da Praga, dice lei, e così non si unirà a noi per gli ultimi tre giorni. Penso che forse, in realtà, non le interessa esserci, ci rimango male, accendo il lettore e mp3, scelgo i neo-intristiti Verdena. Poche ore dopo, lungo l’infinito vialone imperiale noto con rammarico la mancanza di lei. E’ cosa facile rendermi contento, ma ancor più facile dar corda alla mia innata malinconia…Berlino non dorme mai, ma noi alle dieci siamo già tra le braccia di Morfeo, dopo aver camminato come pazzi tutto il giorno, partendo dall’Ovest americanizzato sino ai punk maleodoranti dell’Oberbaumbruecke. Sono preda di uno strano torpore, di una qualche “keine Lust” e dopo una memorabile cena dalle parti di Kastanienalle, ci diamo addio.
Si capiscono tante cose da come una persona ti guarda, nel momento in cui si separa, forse per sempre. La mia piccola, piccolissima esperienza, mi suggerisce che è un valido modo per valutare la porzione di vita condivisa con qualcuno. Lascio il ventoso baltico con il cuore rinvigorito. Le guglie di Lubecca sono una cornice perfetta per un’ultima fotografia prima di raggiungere l’aeroporto. Sono passate due settimane e mi fa un po’ senso tornarmene alle comodità di casa. Non vorrei prendere questo aereo, vorrei continuare a viaggiare, a cercare e scoprire…in primo luogo me stesso.

mercoledì, giugno 20, 2007

Das Sommer ist crazy


Rimpiango fortemente di non esser rimasto a casa a leggere F.D. e ascoltare i Bluvertigo, mentre il macchinone sfreccia sulle note del peggio mal-di-testa-metal e le risate imbarazzanti di coloro con i quali ho sempre meno in comune. Ma poco importa. Gli esami sono finiti – di già ? La quantità di gel che il parrucchiere mi ha lasciato sui capelli supera forse la quantità stessa di capelli che il parrucchiere mi ha lasciato. Un po’ mi dispiace, ma non c’è futuro. Ma è poi un male ?! Così la mia pronuncia tedesca riceve lodi insperate e io ringrazio quei punkettoni vomitevoli di Friedrichstraße e mi convinco nuovamente della necessità di ri-incrociarli spesso nelle mie future passeggiate. Già. Perché è chiaro che non è la stessa cosa di incontrare quattro quattordicenni vestite all’ultima moda…a cui sarebbe bello poter spiegare che così si vestono le baby-prostitute dell’est che popolano le strade provinciali. Ma come si fa a spiegare tutto questo, quando quell’altro sceglie la svastica per proteggersi dagli zingari ? In Italia funziona così. Si va a periodi, periodi di sfiducia totale misti a timide schiarite. Un po’ come questa estate tropicale, con le sue pazzesche oscillazioni metereologiche. Un estate di libertà che ha già dato prova di un potenziale di cambiamento che mi rende sereno. Decisioni importanti, incontri piacevoli e soprattutto il brivido della sorpresa…del Tutto in potenza, della Erfahrung. Il brivido di serenità che mi concedo, rendendomi conto di essere un pò più padrone di me e del mio futuro rispetto al passato. Cosa accadrà sulle bianche spiagge del Mar Baltico ? E ad Agosto mi dividerò davvero tra cene e ricerche cinematografiche ? Mi ero ripromesso di dedicarmi alla ricerca di una “verità altrettanto triste ma ragionevolmente più onesta”. Questa non può che risiedere in una più onesta valutazione degli infiniti slanci del mio spirito, slanci assettati d’un riscatto ancora legittimo. Ho tenuto a bada il desiderio di paragonare tutto questo con quell’estate di tre anni fa, democraticamente sospesa tra gioia e tragedia totale. Non sta scritto da nessuna parte che io voti Partito Democratico anche se Veltroni dovesse candidarsi. Mi sta bene vivere senza sogni, ma non senza memoria. Meglio vestire i pantaloncini neri, mettere qualche birra nello zaino e sperare che tra un temporale e l’altro ci sia gente che abbia voglia di divertirsi. Qualcuno, certamente, non capirà. Spero capirà però l’umanità sulla quale non risparmio mai. Per il resto, bisogna accettarlo…Noi nichilisti non abbiamo scelta.

martedì, maggio 01, 2007

La Deutsche Vita, genau..


Come si dice “Wohngemeinschaft” in italiano ? Semplice, non si dice. Come si cambia finalmente una vita che non vale ? Meno semplice, ma è ormai assolutamente necessario trovar il modo di farlo e farlo di corsa.
Di corsa. Possibilmente in bicicletta. Lasciata con cura assieme alle mille altre dei tuoi Wohngemeinschaftfreunde al primo piano di una vecchia casa col tetto a punta e le pareti squadrate stile DDR. Le stesse biciclette degli stessi ragazzi che verranno a bussare alla porta della tua festa che, nonostante siano ormai le tre di notte, pulsa ancora di musica elettronica a tutto volume. Le stesse persone che amano sfogliare le pagine del loro romanzo-della-settimana in ogni frazione di secondo disponibile, e magari anche sulla spiaggia bianca, distesi nudi come mamma e il socialismo li hanno fatti.
Dall’alto del memoriale la città si specchia nella grande vasca di acqua salmastra e poco più avanti un gruppo di darkettoni rende omaggio a un vecchio pezzo dei Bauhaus. Loro compagne sono, ovviamente, una cinquantina di birre da mezzo litro. Un po’ poche, genau…ci sarà da comprarle nuovamente presso qualche “Späti” assieme ad una improbabile pizza turco-tedesca con pomodoro italiano e vegetali olandesi. E poi via, los !Via, nel vento abbastanza gelido per ricordarti che sei lontano da casa, via verso il centro della città, scintillante delle installazione artistiche, degli edifici storici ben tenuti e – natürlich – dei fari delle biciclette. Poco più in parte, il super grattacielo che fa quindici pianti in sette secondi ospita alla sua base un concerto no-wave. Una cinquantina di metri dopo, un vicolo reso stretto dall’infinita serie di piccoli-caffè-ultra-chic che ne la ambiscono i lati porta dritto verso il viale principale, dove le bicicletta sfrecciano ancora più forte, al sicuro nelle loro corsie laterali. In parte a loro si snoda l’infinita seria di librerie, librerie universitarie, circoli universitari, vestiario per universitari, pusher universitari, parrucchieri per universitari e ovviamente Wohngemeinschaftgebäude.
Si dirà che noi – achtung, i migliori di noi - siamo più “aperti”, giocosi, vivaci e che “italians do it better”. Sarà. Forse loro lo fanno davvero melacholy…e forse sarà vero che finita l’erba si torna tutti un po’ sulle proprie, che d’inverno il lago ghiaccia e la bicicletta smarrisce molto della sua poesia e si dirà che il loro amabile parlottare tradisce un strana complicità iniziatica a cui è difficile accedere e che rispecchia molto bene la loro lingua terribilmente igienica. Sarà. Ma anche i deserti, quando crescono, possono fare molto male.
Io ? Io speriamo che me la cavo.