domenica, ottobre 01, 2006

Breve ma esuariente storia dei generi musicali - il Punk


(La breve ma esuariente post-moderna storia dei generi musicali parte con il Punk, perchè l'ennesimo suggerimento a scrivere un blog m'è pervenuto da un blog di punk, tutto qui. )

Il PUNK
Cap. primo: Le origini.

Il punk nacque all'incirca quando J. aveva 14 anni.

J. si trovava sul pulman come ogni benedetta / maledetta mattina, diretto a scuola. E come ogni mattina J. e A. avrebbero telefonato alla segreteria del liceo, circa verso le 7.30 annunciando che una bomba avrebbe distrutto l'edificio allo scoccare dell'ora di matematica. Non si capisce perchè, nonostante la legge dei grandi numeri, non ci credettero mai. Ad ogni modo quella mattina A. si presentò con un regalo per il suo amico terrorista J. Il regalo consisteva in una compilation di musica panc che spaziava dai Punkreas ai Sex Pistols, fino ai Sepultura (che J. considerò quindi un gruppo panc, magari un pò cavernicolo, per molto tempo). J. ascolatava allora grunge. E ne andava fiero assai. Tuttavia il colore verde sporco della tape regalatagli da A. e il suono di questa parola "panc" gli garbarono e fu ben felice di ascoltarsela subito, un auricolare a testa con A. La prima cosa che pensò fu che Cobain urlava molto di più di questi cantanti panc ma era innegabile che la loro musica era bella potente. Inoltre era innegabile la solida base marxista-leninista contestativa-studentesca dei testi. E questo era importante. In quegli anni infatti, si andava formando la coscienza di classe, il socialismo e tante altre belle cose. Della tape J. non riuscì ad apprezzare brani come "Funny" dei Punkreas. Dov'era Marx fra quelle urla isteriche ?

Ad ogni modo, lentamente, il panc comincio a scorrere nelle vene di J. A scuola comincio a scrivere parti dei testi sui banchi. A volte mischiando le parole. Nascevano così componimento quali " Acqua boario / anarchia nel bergamasco / non sono nero ma protesto / anarchia nel circondario". Nacquero anche i primi attriti fra anarchici e comunisti. Ma J. si prodigo per spiegare ai compagni del Soviet che i panc, nonostante l'aspetto, erano dei bravi comunisti.

Tutto andava a gonfie vele in quegl'anni. Nonostante la Digos davanti la scuola, i neo-nazisti in Austria, l'acne e altri problemi meno importanti. Il passo successivo verso la rivoluzione non poteva che essere, quindi, un concerto panc. Possibilmente in un centro sociale. Quel luogo mitico di cui J. A. avevano sentito parlare sono nei libri e nelle canzoni...

Cap. secondo: L'apoteosi.

I rispettivi padri di J. A. vollero recarsi un sabato pomeriggio in visita al centro sociale p*cì *acian* prima che i figlioli spettinati e avvolti in kefia polverose facessero il loro approdo la sera stessa. Non trovarono nulla da obiettare, del resto il csa era chiuso.

Quella sera era in programma un concerto degli Shandon, che forse non sono panc-panc, ma era quel che bastava. I nostri arrivarono verso le nove e furono calorosamente accolti dalla compagnia degli unici due esseri umani presenti e dai loro cani. E' difficile descrivere le sensazioni provate da J. e A. Il tempio era sporco, poco illuminato, cadeva in pezzi e si componeva sostanzialmente di una grande casermone vuoto al cui interno era installato il palco. In realtà c'erano anche altri locali, ma i nostri non si avventurarono oltre. J. si presentò così al barista, un uomo enorme e piratesco, e ordinò due birre. Acqua colorata, ma chi di noi non darebbe via un patrimonio pur di non tornare indietro all'esperienza di quelle birre? La birra era lunga da finire e così J. e A. trottorellarono nel casermone. J. fu particolarmente colpito da un grosso bandierone del Che e da un graffito che diceva "w la figa e il cazzo". Il csa aveva passato l'esame. Era decisamente un luogo comunista, e quindi giusto e degno di lode e rispetto. Il tempo passava lento, la birra entrava in circolo. Circa un'ora dopo i due si sedettero su una qualche specie di panchina osservando le persone che lentamente, molto lentamente, arrivavano per il concerto. Quando J. cominciò a sbadigliare si udirono i primi suoni. I musicisti-panc salirono sul palco e fu il delirio. Un delirio breve. Era solo il sound-check, piccola seccatura tecnica sconosciuta ai nostri giovani eroi. Era già tardi ma finalmente la gente arrivava. J. fu approciato, come sempre gli succedeva, da persone che gli chiedevano "qualcosa da fumare". Peccato che lui non fumasse un bel niente (la droga si sa, è un pò piccolo-borghese). Arrivò finalmente anche un punk. Il primo punk della storia. Il primo avvistamento. La prima volta. Era alto e anoressico e portava un crestone leggendario. Solitario. Era venuto da solo. A cavallo per altro di una moto. E questa cosa piacque meno a J. che considerava le moto appannaggio dei merdallari. I rumori del sound-check si fecero più insistenti, a più riprese J. e A. entrarono e uscirono dal casermone. E finalmente, quando il gruppo attacò il primo pezzo (o forse era ancora il soundcheck ?)...J.A. dovettero uscire dal csa per tornare a casa. Il padre di J. li aspettava in macchina all'angolo...

Quelle tre-quattro ore consumate in fretta, nello spaesamento di un luogo che dovevano-volevano sentire come proprio, furono la benedizione. Da allora i diari di J. si tappezzarono completamente di testi dei Punkreas e dei Clash (molto prima che li ascoltasse davvero), a scuola parlava solo di quella notte mitica al csa e ogni mattina vagliava la folla davanti l'ingresso in cerca di un pulotto in borghese. Si immaginava di intervenire in odiosi telefilm per picchiare i personaggi cattivi. Sognava di bombardare gli Stati Uniti. Instigava i suoi compagni di scuola debosciati allo sciopero. Boicottava le gite scolastiche nei supermercati. Venina infine, per l'appunto, sgamato ad un bruto fascista della security dell'*per mentre scarabocchiava "fuck the system" su un volantino per i consigli alla direzione. Cazzo, che tempi...

Nonostante quello che voi possiate pensare, J. non adotto affatto però uno stile di vestiario panc. Per varie ragioni. Primo, adottare uno stile, uno qualsiasi, è sovrastruttura. Secondo, semplicemente non era in grado cogliere l'iconografia del panc. Nell'ascoltare un pezzo, o andare a un concerto, J. mirava sempre soltanto al contenuto senza accorgersi di tutto il resto.
In un futuro ancora molto lontano, J. pagò abbastanza caro il prezzo di questa ingenuità. Eppure non ci sono dubbi. In quei mesi il panc era veramente all'apice della sua storia...

Cap. terzo e ultimo: Il Punk brucia.
Come tutte le cose belle, il punk doveva prima o poi morire. Come tutte le cose grandiose, le cause sono molteplici.

Il Punk schiattò quando J. frequentava la terza superiore.

Da bravi marxisti ripensiamo a cosa succedeva in quell’ inverno grigio, maledettamente più grigio di qualsiasi inutile inverno grigio bergamasco.
Crollavano muri, il vento cessava di agitare le rosse bandiere, gli studenti tossivano o addirittura soffocavano. Stava crollando il socialismo. Crepa per crepa, dubbio per dubbio, simbolo per simbolo. Franava il sostrato su cui ergeva il punk e succedeva una cosa persino peggiore: a J. pareva che i punk facessero poco niente per la sacra patria comunista. Sarà che certe cose, quando accadono, non ce ne se accorge, e si deve aspettare molto tempo per rendersene conto. Eppure a J. sembrava che molti, fra i punk, fossero più intenti a mantenere salda la loro postazione ai propilei, tra crema di whisky e sigarette non autorizzate, piuttosto che combattere il Grande Nulla che stava mangiando via i grandi ideali…Il gelo che percorse J. alla notizia dello scioglimento dell’URSS si riverbera ancora oggi nei suoi peggiori incubi.
Fu così che nell’arco di un anno il comunismo crollò definitivamente lasciando spazio ad un esistenzialismo bieco e incerto, squallidamente quotidiano come un centro commerciale…Ma questa, è un’altra storia.

In secondo luogo due ondate barbare attaccarono simultaneamente il punk. La prima proveniva dalla stesse chitarre elettriche un tempo erano l’effige del punk stesso. Da mal suonate e sporche si fecero sempre più accurate, esigente di accordi sensati e giri complessi, fraseggi, assoli…fu un golpe. Spazzando via il classico LA-DO-SOL si insediarono pericolosi riff (questa parola tuonò per il punk come le trombe dell’apocalisse), accordature in RE e ancora peggio, si affacciò il demone assoluto del punk: il Metronomo.

La seconda ondata barbarica provenne, ironicamente, da quel heavy-metal che tanto si divertiva a sbeffeggiare il punk. Cosa ancora più orripilante, quella musica non aveva alcun ancoraggio marxista…si narra, addirittura, che tra i suoi seguaci si nascondessero fascisti e altri loschi individui dediti ad annusarsi le proprie scoregge. Tempi difficili.

Il quadro, penso sia chiaro, era veramente apocalittico. Aggiungeteci che il grande amico di J., A., aveva abbandonato la scuola, per andare a lavorare. Questo fece di lui forse un vero punk. Ma lo relegò in fretta in mezzo a quella baldanzosa quanto effimera comunità di fumatori di canne a tempo pieno. J. non era certo un moralista (e chi lo conosce bene capisce a cosa mi riferisco…) ma non gli sfuggiva certo che la volontà di un buon comunista (o di ciò che ne rimane) non può essere soggetta a questo o quel vizio…

Come tutte le cose belle, il punk doveva prima o poi morire. Come tutte le cose grandiose e imponenti, le cause sono molteplici. Come tutte le cose importanti, c’è sempre qualcuno che nega la sua morte…
…Come tutte le cose fondamentali della vita, continuerà a vivere nei secoli nei ricordi di quelli che, in un modo o nell’altro, l’hanno vissuto !

1 Comments:

At 9:15 PM, Anonymous Anonimo said...

sono ovviamente io.
e insisto ovviamente nel dire che il punk è tutt'altro che morto.
dorme soltanto

 

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