martedì, maggio 01, 2007

La Deutsche Vita, genau..


Come si dice “Wohngemeinschaft” in italiano ? Semplice, non si dice. Come si cambia finalmente una vita che non vale ? Meno semplice, ma è ormai assolutamente necessario trovar il modo di farlo e farlo di corsa.
Di corsa. Possibilmente in bicicletta. Lasciata con cura assieme alle mille altre dei tuoi Wohngemeinschaftfreunde al primo piano di una vecchia casa col tetto a punta e le pareti squadrate stile DDR. Le stesse biciclette degli stessi ragazzi che verranno a bussare alla porta della tua festa che, nonostante siano ormai le tre di notte, pulsa ancora di musica elettronica a tutto volume. Le stesse persone che amano sfogliare le pagine del loro romanzo-della-settimana in ogni frazione di secondo disponibile, e magari anche sulla spiaggia bianca, distesi nudi come mamma e il socialismo li hanno fatti.
Dall’alto del memoriale la città si specchia nella grande vasca di acqua salmastra e poco più avanti un gruppo di darkettoni rende omaggio a un vecchio pezzo dei Bauhaus. Loro compagne sono, ovviamente, una cinquantina di birre da mezzo litro. Un po’ poche, genau…ci sarà da comprarle nuovamente presso qualche “Späti” assieme ad una improbabile pizza turco-tedesca con pomodoro italiano e vegetali olandesi. E poi via, los !Via, nel vento abbastanza gelido per ricordarti che sei lontano da casa, via verso il centro della città, scintillante delle installazione artistiche, degli edifici storici ben tenuti e – natürlich – dei fari delle biciclette. Poco più in parte, il super grattacielo che fa quindici pianti in sette secondi ospita alla sua base un concerto no-wave. Una cinquantina di metri dopo, un vicolo reso stretto dall’infinita serie di piccoli-caffè-ultra-chic che ne la ambiscono i lati porta dritto verso il viale principale, dove le bicicletta sfrecciano ancora più forte, al sicuro nelle loro corsie laterali. In parte a loro si snoda l’infinita seria di librerie, librerie universitarie, circoli universitari, vestiario per universitari, pusher universitari, parrucchieri per universitari e ovviamente Wohngemeinschaftgebäude.
Si dirà che noi – achtung, i migliori di noi - siamo più “aperti”, giocosi, vivaci e che “italians do it better”. Sarà. Forse loro lo fanno davvero melacholy…e forse sarà vero che finita l’erba si torna tutti un po’ sulle proprie, che d’inverno il lago ghiaccia e la bicicletta smarrisce molto della sua poesia e si dirà che il loro amabile parlottare tradisce un strana complicità iniziatica a cui è difficile accedere e che rispecchia molto bene la loro lingua terribilmente igienica. Sarà. Ma anche i deserti, quando crescono, possono fare molto male.
Io ? Io speriamo che me la cavo.

2 Comments:

At 10:45 AM, Anonymous Anonimo said...

Caro mio,
risulta sempre un senso di melanconia nei tui splendidi scritti. Sembrerebbe quasi la tua città, la tua Nazione a dettare un tale affievolimento, se vuoi. Ma io non vi crederei a lungo mio caro amico. Vi è qualcosa in noi che va ben oltre questa parvenza, perchè siamo infelici a priori, insoddisfatti, cerchiamo in fatue distrazioni il piacere, ma poi resta ben poco. Il viaggio è alienazione, oggi giorno mio caro, sfuggiamo da qualcosa per cercare un qualcosa d'altro di un pochino più piacevole o soddisfacente, ma per quanto? Il malessere sta in noi, nella nostra pochezza nel ritrovare il piacere di essere uomini con determinati desideri, che risultano essere molto distanti da questo mondo alienato, fatto pur sempre di uomini. Cercherei, mio caro amico di prendermi quel pocho che mi appartiene e pulirlo via dagli strati di ipocrisia e falsità. Vi è ancora molto del bello, ovunque, il marcio resta in noi.

Buone cose,
mio caro amico.

 
At 5:38 PM, Blogger UnoNessunoCentomilaNoie said...

Certamente nel desiderio di fuga-viaggio vi è una forte dimensione esistenziale che trascende il luogo in se stesso. Una dimensione di insoddisfazione e infelicità ben più complessa da gestire, di un semplice aereo da prendere. Questo nel mio caso è ovvio...anzi patetico. Ma, attenzione. Proprio nel Viaggio abbiamo una importante occasione di scoprire noi stessi. Proprio in quella consolazione/delusione che è la meta ultima di ogni Viaggio. Spostarsi significa riformulare la rappresentazione di noi e del mondo che di volta in volta ci costruiamo. E tale rappresentazione dipende dal contesto in cui siamo...Viaggiare vuol dire gettarsi a capo fitto in quell'insaziabile sete di Esperienza che per qualcuno è pane quotidiano dal giorno del concepimento. E voler fuggire significa, in ultima analisi, credere che un'altra vita e un altro Io siano possibili. Una scomessa rischiosa...ma legittima, necessaria per non spegnersi...e cmq sia imprescendibile per i malati dell'anelare... Most notably: le biografie dei grandi della Letteratura, del Cinema e delle Arti..sono bibliografie di continui spostamenti, delusioni, ricerche...Buonissime cose a te!

 

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