giovedì, agosto 30, 2007

Do you feel the same ?

..Sulla strada verso casa sentivo dentro di me di non voler tornare, quando di solito i motivi per chiudere la serata non mancano mai. E dicevo cazzate, perché l’unica cosa che volevo dire, non potevo dirla. Sono arrivato a casa e tutto è stato come sempre: mi sono spogliato, sciacquato e ho riempito la bottiglie d’acqua per la notte. Ma una volta al buio, nella stanza, non era davvero il caso di dormire. Seduto sul letto ho riguardato le foto, bruttine – forse meglio così. Ma una bella c’è…e il ricordo che avrò di lei manterrà sempre delle sembianze verosimili. Dove la trovo, un’altra che guarda il neo-realismo, che ascolta i Joy Division e che è bella da far male…davvero non lo so. Dunque, i calcoli son presto fatti: è una vita che non mi sentivo così. Agitato, triste, pensieroso, vivo in negativo, felice per riflesso, sognatore a vuoto, stupito, stupido ma pieno di qualcosa…di emozioni che per una volta assomigliano ad un sentimento. E’ tutto molto, decisamente, very silly. Cosa posso farci. Non siamo mica padroni del nostro destino. E poi il mio, si diverte a pigliarmi per il culo, e forse io, lo aiuto nella sua opera bastarda. Sulla strada verso casa già sentivo che lei mi mancherà. E passerò qualche tempo a chiedermi se sia sano cercare di risentirla, sfruttando quelle amabili-odiali comodità tecnologiche che fingono di colmare la distanza che ci separa. Nei film, tutto questo non esiste, in breve tempo sai già se un futuro esiste o meno. Mi consola sapere di essere ancora nel limbo dell’insicurezza, nei confronti di quanto è successo. Sarà più facile dimenticare. Hey, ma se dimenticare è terapeutico, ricordare è un gesto di rispetto verso la Bellezza...e io voglio ricordare. Il suo sorriso, il suo taglio di capelli, il suo sguardo, la sua pelle (molto probabilmente splendida), la mela che stava mordicchiando scendendo dalle scale, il suo taccuino, la piccola ma più-che-sufficiente porzione di seno non nascosta dalla sua camicia bianca, le cose che mi ha raccontato…e perché no, i viaggi mentali (forse a senso unico) che si sono liberati dai nostri discorsi. Sai, è davvero un peccato che non ti piaccia proprio quella canzone, perché tu sei davvero fucking special…E il soffio di brivido che mi procuri è un dono rarissimo al quale mi sento ormai disabituato. L’estate volge al termine, a Bergamo diluvia e io vorrei illudermi di ritrovarti un giorno accanto a me in qualche passeggiata, oltre che nelle note di qualche canzone.

lunedì, agosto 06, 2007

We are the children

E’ questione di poche ore. La perplessità di una periferia fantasma si popola di risate dipinti su splendidi volti giovani, il vino viene stappato, le macchine fotografiche vengono estratte dalle tasche quasi all’unisono – niente dev’essere perduto ! – i joint passano di mano in mano ed il sudore di un viaggio di magari quarantotto ore scompare improvvisamente…Lo ritroviamo tutto d’un botto nel letto della piccola camerata, sfondata dalla luce accecante e precoce dell’alba baltica, nei passi lenti e assonnati che ci conducono per le vie di questo angolo di mondo. Non ha grande importanza quale sia, ciò che conta è che siamo qui, assieme. Orfani della nostra consuetudine da nemmeno ventiquattro ore, ci si piglia in giro a vicenda come solo gli amici osano fare. Quale collante ci unisce ? Il viaggio, la giovinezza, la sete di esperienza.. ? Mangiamo le peggio sottomarche del supermercato, quelle che le nostre mamme ci hanno sempre insegnato ad evitare, camminiamo scalzi sul cemento, passandoci bottiglioni di rosso da un litro e mezzo…parliamo di viaggi, di fughe, di posti stupendi...Vino e sogni. Di mano in mano, saliva in saliva. Siamo, in un certo senso, dei privilegiati…Si, dei fuggiaschi privilegiati con una grossa responsabilità verso il mondo che sarà…perché ci appartiene, nonostante Bush, Berlusconi, il cambiamento climatico e tutte le nefandezze che ammaiano le nostre bandiere.
L’orizzonte, il mare che aspettavamo, sono ancora molto lontani. Le camp leader sono due alternative imbarazzanti e la città ha i nervi testi, dilaniata dai problemi del mondo che vorremo dimenticare. Uomo contro uomo, per sempre. Offriamo il nostro contributo ad un sit-in anti-razzista con un gigantesco dipinto: la silouhette dei nostri piedi pacificamente in marcia verso Rostock. L’ossimorica disorganizzazione tedesca e le teste rasate nel pieno centro ci rinchiudono un po’ nel campo base. Questo produce una noia imprevista…ma ci costringe d’altro canto a trovar noi stessi uno modo per passare il tempo. Abbiamo così il tempo di capirci meglio e anche le più timide trovano il modo di rompere il ghiaccio. “Socializzare” (è una brutta parola, spesso nelle mani di psicologi e altri produttori seghe mentali)…ma non è forse la cosa più bella che c’è ? La bellezza riservata e tenera delle ragazze coreane mi colpisce. Sono così diverse dalle ragazze italiane ed europee in generale. “You’re so fucking special” mi ricordo di questa canzone dei Radiohead, non appena imbraccio la chitarra. Loro dormono, sui divani riposti nella tendopoli da noi stessi costruita, al riparo dal sole che picchia anche quassù…mi piace continuare a suonicchiare le mie povere canzoni che tanto avrebbero bisogno di essere ascoltate. “No, don’t stop, Julio”. L’essere umano è un tale misterioso universo, non smetterò mai di stupirmene…nonostante lo stupore si tramuti spesso in tristezza. L’ultimo weekend si avvicina e noi stiamo troppo bene assieme per rimanercene qui ad assecondare le due sclerotiche camp leader. “If somebody decides to leave, everybody would just follow…” disse pacatamente il messicano, e fu proprio così. Mi ritrovo alle cinque di mattina disteso per terra, a fissare i binari e il treno in arrivo in lontananza. Berlino è a meno di trecento chilometri da Rostock, ma è troppo distante da Praga, dice lei, e così non si unirà a noi per gli ultimi tre giorni. Penso che forse, in realtà, non le interessa esserci, ci rimango male, accendo il lettore e mp3, scelgo i neo-intristiti Verdena. Poche ore dopo, lungo l’infinito vialone imperiale noto con rammarico la mancanza di lei. E’ cosa facile rendermi contento, ma ancor più facile dar corda alla mia innata malinconia…Berlino non dorme mai, ma noi alle dieci siamo già tra le braccia di Morfeo, dopo aver camminato come pazzi tutto il giorno, partendo dall’Ovest americanizzato sino ai punk maleodoranti dell’Oberbaumbruecke. Sono preda di uno strano torpore, di una qualche “keine Lust” e dopo una memorabile cena dalle parti di Kastanienalle, ci diamo addio.
Si capiscono tante cose da come una persona ti guarda, nel momento in cui si separa, forse per sempre. La mia piccola, piccolissima esperienza, mi suggerisce che è un valido modo per valutare la porzione di vita condivisa con qualcuno. Lascio il ventoso baltico con il cuore rinvigorito. Le guglie di Lubecca sono una cornice perfetta per un’ultima fotografia prima di raggiungere l’aeroporto. Sono passate due settimane e mi fa un po’ senso tornarmene alle comodità di casa. Non vorrei prendere questo aereo, vorrei continuare a viaggiare, a cercare e scoprire…in primo luogo me stesso.